Il concetto di verità in campo scientifico è in continua evoluzione ed è caratterizzato dal costante stimolo per la ricerca, dal confronto, dal rimettersi in discussione ogni qual volta il risultato conseguito evidenzi dei limiti. La scienza medica, in particolare, esige dal sanitario il superamento della concezione statica della << verità >> e persegue sempre e ovunque la comprensione del fenomeno, nella fattispecie del sintomo rilevato sul paziente. Ciò comporta una diversa filosofia del << credo >> medico, in cui si oltrepassino le opinioni comunemente accettate come vere, come di fatto avviene quando la risposta terapeutica è rivolta alla sola analisi della sintomatologia, per spingersi alla comprensione – nòesis la definivano gli antichi – originaria del sintomo stesso che, a sua volta, è lo specchio dell’originaria causa scatenante la patologia . Nel precedente editoriale avevamo a sostenere che l’obbiettivo della I.A.P.N.O.R. è, in sostanza, l’ulissismo, ossia il viaggio dell’uomo spinto dalla sua curiosità a conoscere approdando in tutti i lidi, consapevole che tutti hanno una propria verità ma che nessuno possiede la << Verità >> (cfr.editoriale n. 1). Il nostro discorso tende a recuperare il concetto di globalità dell’uomo e si pone in contrasto con la medicina settoriale che accusa forti limiti. A tal proposito ci sembra congruo sostenere la filosofia della nostra Accademia recuperando il senso del << Mito della caverna >> tratto dalla Repubblica di Platone, relativo alla scienza del Bene ai quattro gradi della conoscenza, purtroppo caduto in disuso da molti anni, con vistosi effetti deteriori sulla preparazione umana, deontologica e scientifica di molta classe medica.Fermarsi al fenomeno, in medicina, comporta lo stesso errore in cui incorrevano gli schiavi della caverna, costretti dalla condizione a vedere solo le ombre riflesse dalla luce e a scambiarle per vere, giacché quelle costituivano costituivano per loro l’unica verità. Ma, sosteneva Platone, se uno dei prigionieri fosse sciolto e potesse volgere finalmente il capo verso la fonte di luce, stenterebbe in un primo tempo a riconoscere di aver sempre creduto reali soltanto le ombre; se poi il prigioniero fosse portato alla luce del sole, dapprima gli sarebbe impossibile contemplarla direttamente e dovrebbe limitarsi a vedere le immagini delle cose reali riflesse nell’acqua dei fiumi. Soltanto gradualmente e con somma fatica potrebbe giungere a contemplare direttamente il sole, la luce, la verità. L’essenza del mito calza a perfezione con gli obbiettivi dell’Accademia, che vuole il superamento delle opinioni molteplici, le verità, al fine di giungere, attraverso la dialettica e il confronto scientifico, – diànioa dicevano gli antichi – all’individuazione e alla definizione del fenomeno nella sua interezza, alla VERITA’ , offre semmai il mezzo per lo scambio di ricerche, di opinioni e risultati per partecipare alla splendida avventura della ricerca, nell’intento di sostenere l’uomo nel suo divenire quotidiano, sia egli medico che paziente.
di Luigi Balercia, Presidente I.A.P.N.O.R.